Il processo potrebbe essere ripetuto a causa di un conflitto di interessi.

Uno degli avvocati della difesa degli amministratori del sito The Pirate Bay, Peter Althin, ha comunicato la
richiesta di annullamento della sentenza del processo emessa il
17 di questo mese,
a causa di un conflitto di interessi che vede
il giudice Tomas Norström, firmatario della sentenza,
iscritto a due diverse associazioni per la tutela del copyright.
Dei legami fra il giudice del processo a Pirate Bay e alcune organizzazioni internazionali, come la Swedish Copyright Association e la Swedish Association for the Protection of Industrial Property, società strettamente legate alle lobby che fomentano la guerra sulle leggi del copyright digitale, ne ha dato notizia una trasmissione della
radio pubblica svedese.
Inoltre vi è la pressante richiesta da parte della IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) agli ISP di chiudere, censurare e bloccare l'accesso a siti come The Pirate Bay.
Nonostante ciò alcuni ISP
non accettano di
sottostare alle richieste, Jon Karlung, managing director dell'ISP Bahnhofs ribadisce "
noi non censureremo i siti per i nostri clienti", perché "non è questo il nostro lavoro".
È però di questi giorni (e non è la
prima volta) che uno
studio norvegese riporta un risultato discordante con le richieste delle Major.
Secondo lo studio condotto dalla
BI Norwegian School of Management i dati
dimostrerebbero che
chi effettua download di file musicali
attraverso le reti P2P, sia in realtà un vorace consumatore di musica “a pagamento”. Per ogni file illegale scaricato, ciascun utente
ne scaricherebbe 10 a pagamento.

Riporta inoltre oggi
Ilsole24ore.com la notizia che il download illegale è molto diffuso dai computer dei luoghi di lavoro e circa
il 30% del materiale piratato viene
scaricato dalle postazioni delle amministrazioni pubbliche: lo ha affermato Tullio Camiglieri, membro del Comitato contro la pirateria digitale presso la presidenza del Consiglio.
Altro argomento da non sottovalutare è il problema sicurezza. argomentato da Adolphus Towns e Darrell E. Issa al Congresso degli Stati Uniti, sui pericoli degli utenti quando condividono erroneamente informazioni personali con i programmi di file sharing.
Molti
utenti inesperti condividono erroneamente molte cartelle del proprio computer,
rendendo pubblici i propri dati personali su Internet, senza neppure accorgersi del pericolo. Anche qui nulla di nuovo sotto il sole, già nel 2006 l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti
dimostrò che cinque programmi (BearShare, eDonkey, Kazaa, LimeWire e Morpheus) erano potenzialmente dannosi per la privacy degli utenti, oltre a violare la sicurezza dei file, gli utenti condividevano dati sensibili come dichiarazioni fiscali, contabilità finanziarie e documenti privati. I due politici hanno chiesto ai produttori di programmi di file sharing di provvedere per ricolvere il problema, e chiedono anche di regolamentare le tecnologie peer-to-peer.
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